mercoledì 10 aprile 2013

Le stranezze del bush australiano


[Australia]  Ci svegliamo sulla spiaggia di Cape Bridgewater cullati dal rumore delle onde, il cielo è terso ed il sole già alto si è definitivamente portato via il freddo della notte. Facciamo colazione, come sempre, con tè, uova, pane a fette, burro e marmellata. Senza muovere il camper facciamo una piacevole passeggiata di un’ora fino alla colonia di circa 650 foche che si trovano alla fine del promontorio, purtroppo si vedono solo da lontano, ma è bello osservarle mentre nuotano nel blu intenso del mare o si crogiolano al sole sulle scogliere.
 
Da Cape Bridgewater la strada si allontana dalla costa e lo scenario cambia rapidamente, pianura, colline, boschi di eucalipto, pianura, ancora colline, qualche fattoria ogni tanto, mantenendo sempre la stessa tonalità giallina dovuta alla forza del sole che picchia implacabile per molti mesi all’anno. Siamo nel “bush australiano”, termine usato per indicare gli spazi sconfinati di praterie e boscaglie che caratterizzano buona parte del paesaggio di questo continente. 

Le piante e gli animali australiani sono quanto si avvicina di più al nostro concetto di “altro mondo”. Mentre negli altri continenti si sono verificati innumerevoli scambi di specie resi possibili dall’esistenza di ponti di terra come quello dello Stretto di Bering, che fino a 15.000 anni fa permetteva il passaggio via terra dall’Africa all’America attraverso l’Asia, l’Australia è rimasta isolata per 45 milioni di anni. Questo isolamento ha permesso agli uccelli, ai mammiferi, ai rettili e alle piante di seguire un percorso evolutivo autonomo.

I primi naturalisti che visitarono l’Australia rimasero stupefatti da ciò che videro: i cigni erano neri (in Europa esistevano solo quelli bianchi), alcuni mammiferi come l’ornitorinco deponevano le uova, altri animali si spostavano saltando, le pere erano di legno (woody pear) e gli alberi mutavano la corteccia invece delle foglie. Un mondo alla rovescia.

A questo si devono aggiungere due fattori particolari: il suolo ed il clima. Negli altri continenti le diffuse eruzioni vulcaniche, che si sono verificate fino a tempi relativamente recenti, hanno permesso un ricambio del terreno e le sterminate pianure che assicurano il nutrimento alle varie popolazioni derivano da ghiacciai che, nel corso degli ultimi due milioni di anni, hanno frantumato le rocce di diversa composizione chimica. In Australia invece l’attività di vulcanesimo è stata limitata solo al 2% della superficie, mentre il clima era troppo caldo e la superficie troppo pianeggiante perché si formassero i ghiacciai. Così le piogge, anche se scarse, hanno avuto tutto il tempo di “lavare il terreno” dai suoi contenuti minerali, rendendolo di conseguenza poco fertile.

A causa di queste condizioni, e del clima mai troppo freddo, in Australia si verificano delle cose strane, come il fatto che siano quasi del tutto assenti gli alberi che perdono le foglie e non esistano animali che vanno in letargo. Uccelli come le gazze e gli scriccioli hanno inoltre sviluppato abitudini particolari: i giovani adulti nati dalle nidiate precedenti restano con i genitori per aiutarli ad allevare i nuovi nati. 

La palma d’oro della stranezza spetta comunque agli antechinus, piccoli animali notturni simili ai topi. Il loro ciclo di vita è davvero particolare. I maschi vivono appena 11 mesi e trascorrono i primi 10 mangiando in continuazione e crescendo molto velocemente, dopodiché iniziano a pensare solo alla riproduzione e la ricerca di una femmina diventa una vera ossessione, al punto che si dimenticano di mangiare e di dormire. Alla fine muoiono nel giro di due o tre settimane per la frenetica attività sessuale e per gli stenti. Questo atteggiamento maniacale sembra avere la sua nobile risposta nella scarsità di cibo presente in questi ambienti aridi: se il maschio sopravvivesse oltre il periodo dell’accoppiamento priverebbe i piccoli del cibo necessario alla loro sopravvivenza. 

Ritorniamo sui nostri passi. Il paesaggio che attraversiamo con il camper durante la giornata cambia continuamente e passa dai pascoli verdi che ricordano l’Austria a distese senza fine con solo qualche albero qua e là, come in Africa. Da Cape Bridgetown arriviamo in serata a campeggiare sulla spiaggia di Kingston, 300 km in tutto, passando per Mount Gimber, adagiato in un antico vulcano ormai spento e contornato da laghi che si sono creati nei crateri. Pranziamo seduti davanti il famoso lago Blu, che si trova dentro un cratere perfettamente circolare di 5 km di diametro; le sue acque sono ottime e vengono prelevate per alimentare il paese vicino. 

Ovunque ci sono mucche e pecore al pascolo. Verso sera, sotto un tramonto rosso da cartolina, vediamo diversi canguri ai lati della strada: rallentiamo, perché ne abbiamo già visti troppi di morti sull’asfalto. A Kingston troviamo un “Fish and Chips” per asporto, ne approfittiamo per cenare a base di pesce e patatine, spendendo solo 6$ a testa. I piccoli paesi come questo sono sempre poco illuminati la sera, per le vie si cammina quasi al buio, ma alzando gli occhi si capisce che ciò che manca in terra viene restituito in cielo: le stelle e la Via Lattea sono sempre esageratamente splendidi. 

Una passeggiata verso il promontorio di Cape Bridgewater
Le foche mentre prendono il sole sulla scogliera
Gli straordinari paesaggi del bush australiano: pecore in terra...e in cielo
Il canguro ci aspetta per la passeggiata



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